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LA VETTOLINA E CASTAGNOLO

27/03/2004

Da Resceto ho abbandonato la Vandelli salendo a sinistra fino ad una cava dismessa dove ancora si possono vedere le vecchie attrezzature per il filo elicoidale. La ruggine fa il suo lavoro senza fretta, forse tra qualche centinaio d'anni avrà finito, o forse si stancherà prima. Da qui i segni puntano decisamente in alto ed il terreno si fa tipicamente apuano. Un po' si cammina ed un po' si adoperano le mani con uno zig-zag continuo tanto che in qualsiasi momento   guardi in basso mi trovo sempre sulla verticale della Casetta nel Fondo.

Tra i rovi oltrepasso la foce della Vettolina a mi dirigo verso i caselli dell'alpeggio. Questo versante è di ripido paleo giallo con affioramenti di marmo ma i caselli si trovano su di una  macchia di verde intenso dove, anche a distanza, si intravedono i crochi data la loro abbondanza. Il motivo è presto spiegato: tonnellate di escrementi di capra concimano questo fazzoletto di verde. I grandi ciliegi sono schiantati, penso per la neve e per l'età, comunque non dev'essere un fatto recente visto com'è ormai secco il legno.

Su di un grande masso il pastore ha impiegato il suo tempo, oltre a nomi e date ha dato forma anche alle sue idee: si riconoscono falce e martello oltre l'A di anarchia. Una volta l'ho incontrato, o almeno credo fosse lui, il capraro di Forno. Percorremmo un tratto di strada insieme tornando dal canal Cerignano, si lamentava di esser costretto a cibarsi dei capretti, lui ed il suo cane, per il basso prezzo che spuntava e si lasciò andare a dei commenti sulla nostra società.

- E' tutta colpa del soldo – mi disse – si ruba, si ammazza e si sfrutta tutto per il soldo ma me non mi frega, - continuò – perché se per caso ho in tasca un soldo vado all'osteria e me lo bevo!

Sorrido rievocando la sua filosofia mentre infilate negli interstizi dell'unica baracca chiusa vedo un paio di lamette usa e getta, un pettine ed un vecchio specchietto retrovisore, anche in questi luoghi ed anche personaggi così ruvidi sentono la necessità di mettersi in ordine.

Riguadagnata la Vettolina tento la cresta della quota 1075 ma una leggera pioggerellina mi fa desistere e decido per l'aggiramento. Perdo quota seguendo dei segni e sotto la foce attraverso uno stretto canale, continuo a scendere su terreno infido fino ad una cava che ha tagliato il percorso. Scendo ancora per la marmifera quasi rassegnato a raggiungere Forno e rientrare con i mezzi pubblici quando vedo un ometto e, a seguire, dei segni. La direzione è quella giusta e deciso risalgo un ripido bosco privo di traccia andando da un tronco segnato all'altro.

Raggiunta una piccola cava abbandonata la pendenza si fa più cristiana ed anche la pioggerellina cessa lasciando il posto ad un timido sole. Qui il crinale è piacevole, aperto, con vista in ogni direzione, dal mare alla corona di cime che, innevate di fresco, mi circondano. In un attimo sono al Castagnolo e mi riposo un po' appoggiato al grande noce di fianco ai resti della casetta.

Qualcuno in montagna cerca la wilderness, i luoghi selvaggi, ma io ho un debole per questi segni di antiche presenze. Qui il silenzio è totale ed in questa pace non faccio fatica a lasciarmi andare, mi basta poco per liberare la mente e posso immaginare i giochi dei bimbi, il borbottare della massaia mentre rimesta nel paiolo ed il pastore che bada il gregge poco lontano incidendo qualche sasso, non faccio fatica a sentire il profumo della polenta e l'acre odore del bestiame.

Mi vengono in mente le parole del Leopardi che da poco ho riletto:

... talor m'assido in solitaria parte, sovra un rialto, al margine d'un lago di taciturne piante incoronato ...

ed ancora più avanti

...Tien quelle rive altissima quiete; ond'io quasi me stesso e il mondo obblio sedendo immoto; e già mi par che sciolte giaccian le membra mie ...

Per la seconda volta le parole di un poeta descrivono così bene questa mia sensazione. La prima volta mi son stupito ma adesso ho capito, quel che noi sentiamo, pensiamo, diciamo è stato sentito, pensato, detto milioni di volte.

Ho l'impressione che la vita sia una commedia dalle infinite repliche, ogni tanto un attore l'interpreta in modo lievemente diverso, una rilettura personale adeguata alle mode ed ai tempi ma la vicenda rimane la stessa. Noi recitiamo copioni già scritti, già assegnati. Indossiamo una maschera e ne interpretiamo il destino, è per questo che capita di veder qualcuno e, solo dal suo aspetto, aver la certezza di conoscerne la sorte. Via via che cambiano le nostre maschere cambiamo personaggio, qualche vamp con vistosi ritocchi riesce a mantenere più a lungo la sua parte ma è inutile perché, in effetti, è già una fortuna recitarle tutte.

Resceto - Foce della Vettolina - La Vettolina - Castagnolo - Resceto (sent. 170 - 36 -161)

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