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Pane & Olio

Vergheto

03/06/2006

La strada per il Vergheto è in stato di abbandono, frane, smottamenti, in certi punti l'asfalto è a gradini e le fronde dei castagni formano una galleria tanto che l'auto stenta a passarci sotto, presto l'avventura sarà arrivar qui.

Vergheto - porta

Spallone

Massimo

Canal Regollo e Altissimo

Cavallo

Foce Luccica

M.Cavallo dal Vergheto

Prima dell'alpeggio dei giovani sono accampati. Mi verrebbe in mente una definizione che preferisco non pronunciare, ricordo anch'io tempi in cui giovane esuberante, pieno di testosterone e di ormoni, non vedevo più in là del mio naso ma questi sono speciali ... me ne sono accorto ancor prima di vederli per come avevano lasciato le auto: nell'unico posto buono per far manovra obbligando chiunque arrivi a lunghe retromarce.

Hanno piantato le tende sul largo sentiero che porta all'alpeggio tanto da costringermi a passarci in mezzo, lo hanno ostruito con uno sbarramento  di fronde di castagno e ci hanno acceso un gran fuoco, poco più in là, nella radura in mezzo ai castagni dove sarebbero stati meglio, la discarica: sacchi neri e un mucchio di stoviglie di plastica. Chissà ... ricorderanno a lungo questo ponte di vacanza come un indigestione di wilderness, anche noi quando un po' per volta porteremo via i loro rifiuti.

E fortuna che non si sono accorti, bastava camminare un minuto per arrivare all'alpeggio, alla sorgente, alla piazzetta erbosa dove mani simili alle loro, qualche anno fa, segarono il grande albero che la decorava, alle casette dove regna un'atmosfera suggestiva tra un misto di storia, tradizioni ed abbandono. Ad appoggiarsi a quei vecchi muri, a quelle porte, si sentono ancora le radici, e il sudore della gente e l'odore delle bestie, e poi tutti i greppi fioriti e il profumo d'erba tagliata.

Ho mangiato anche le prime fragole, saporite, tanto che mi pareva sapessero di sale come il mare lì di fronte.

Ho proseguito per Foce Luccica studiando la cresta dello Spallone, cercandone un comodo accesso. L'ho già percorsa una volta, non ricordo l'anno o il periodo per la mia insofferenza alle formalità, doveva essere d'autunno perché cadevano le castagne, ma ne ricordo le sensazioni, il caldo, la sete, l'incontro sulla cima, quello che conta insomma.

Ricordo anche quella sottile inquietudine che ti prende su un itinerario sconosciuto, quando solo e senza attrezzatura hai appena superato un passaggio che non ti preclude la discesa ma te la sconsiglia e non conosci la strada, devi fidarti dell'intuizione e delle informazioni raccolte.

Arrivo alla foce con questi pensieri, è uno stretto intaglio che si apre oltre il crinale, appena raggiunto ho dovuto coprirmi per il vento, forte e a folate, tanto violente e improvvise che mi hanno fatto dubitare.

Per quanto ami il vento non mi piacciono le raffiche su per le creste, anche se facili come questa, e son rimasto basso.

Ho girato sotto le bore affacciato sul canal Regollo con il sole che a sprazzi faceva di smeraldo i suoi versanti mentre altrove il cielo era grigio piombo. L'Altissimo là in fondo dominava scuro come una piramide perfetta, mi pareva il Triglav.

Mi ha raggiunto Massimo, un giovanottone che gira solo con i suoi cani, lo conosco da tempo, l'ho incontrato spesso sul mio tratto d'appennino. Va in giro con un cagnolino shitzu di nome Poldino e, da qualche anno, un altro piccolo meticcio che si chiama Pluto.

Poldino è un cane eccezionale, l'ho visto tante volte d'inverno sgambettare sulla neve finché il suo pelo non è tutto un ghiacciolo che pare un lampadario di cristallo . Se ti fermi a parlar con Massimo dopo un po' lo senti abbaiare furiosamente perché vuole attenzione, allora lui lo prende in braccio e sta tranquillo perché così gli pare di partecipare alla conversazione.

Adesso Poldino è vecchio ci vede poco e soffre d'anemia, si stanca subito e deve riposare spesso, allora il suo compagno lo porta in giro con uno zaino per bebè, l'ha modificato e sotto sta il suo di zaino, in po' piccolo, spesso deve far a meno di qualcosa ma così possono continuare ad andare per montagne insieme.

A me quest'amicizia pare una fiaba, una fiaba d'altri tempi.

Se in giro trovate Massimo e Poldino salutatemeli, chiedete come stanno i  miei amici e se poi incontrate me raccontatemelo, che in montagna i solitari comunicano così.

Son poi salito sulle Bore ad una cava abbandonata per una lizza franata e franosa che non era facile stare in piedi, la piccola cava faceva sorridere a guardare alle dimensioni di quelle d'oggi che divorano montagne intere. Era abbandonata come se i cavatori contassero di tornare, resti di cavi e di piri di castagno e blocchi squadrati pronti per una lizzatura mai avvenuta e l'ultimo taglio sul piano di cava ancora da sbozzare.

Il tempo sta curando le ferite, il marmo è diventato scuro e qua e là, nelle fessure, qualche fiore ha deciso che è ora di rischiare e mette su casa, un bidone abbandonato è diventato un bel giardino.

Me ne son tornato indietro in cerca di fiori da fotografare anche se quel trabiccolo del  mio macchinino non è l'ideale, ne devo far provvista per regalarli ad una persona un po' speciale.

 

Vergheto - Foce Luccica - Bore del Sagro

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