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Passo del Cancellino

La strada che mi porta in Appennino corre tra due mura di papaveri, è un'esplosione, poi è il turno dei biancospini, robinie, maggiociondoli, la primavera è scoppiata quando ormai siamo alla soglia dell'estate.

In alto però, sui pascoli, c'è ancora l'incertezza. Alcuni pendii, favoriti dall'esposizione, son verdi e già fioriti di genziane e di viole, su altri, appena sgombri dalla neve, l'erba è ridotta a paglia secca e spuntano adesso i crochi, altri ancora indossano rosse sfumature per i minuscoli bocci dei mirtilli.

Qua e là abbondanti nevai che mi hanno creato qualche problema nell'attraversare un paio di canaloni.

Volevo salire sul Gennaio, o Uccelliera che dir si voglia, ma un vento incredibile mi ha bloccato sulla dorsale sud,  mi ha costretto carponi che in piedi non si stava, ho rinunciato e l'ho aggirato in costa fino al Cancellino. Anche qui la tramontana non scherzava ma solo sulla foce del passo.

A me il vento non dispiace, asciuga il sudore, liscia la pelle e poi trovo affascinante la resistenza degli steli d'erba e dei fiori per non essere sradicati dalle raffiche, così piccoli e coraggiosi, non credo di aver mai sostenuto una battaglia simile in vita mia.

Mi son sdraiato su di un prato che ho chiamato la città delle genziane, tra Corno alle scale e Gennaio, ad osservare il via vai delle nuvole, a godermi gli sprazzi di sole tra l'una e l'altra.

Ad un tratto ti accorgi che l'aria rischiara, pochi secondi ed il sole brilla, a chiazze come attraverso un'inferriata, vedi la luce correre giù per il pendio ed ogni cosa cambia colore, l'erba, le pietre, le sorgenti sembrano sorridere.

Altrettanto rapidamente l'ombra le corre dietro spegnendo ogni cosa, è un susseguirsi di luce e di ombra, di vita e di sonno, di gioia e di morte.

Questo non è certo alpinismo, né lotta con l'alpe, non è la sfida con la parete né  la ricerca dei propri limiti, non c'è rischio né adrenalina e neanche il gesto atletico ma c'è la gioia di esserci e tanto mi basta.:)

 

 

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