Home
Cose così
Diario
Mangiari di casa
Home

Pane & Olio

Monte Contrario

Il Contrario è una bellissima cima vista dalla valle degli Alberghi ma la sua salita è improba, molto più alla mia portata la traversata delle creste O-E dal Passo delle Pecore alla Foce del Cavallo.

Vista da Serenaia la cima è molto ridimensionata, seguendo la marmifera che sale fino all'ultima cava si raggiunge il Passo delle Pecore in ca h 1,30, alla partenza il cielo si mostra grigio e coperto ma qualche bagliore fa ben sperare.

S'inizia a salire un ripido pendio erboso su una pista già battuta, le tracce sono seminascoste dal paleo, n'esco con le mani nere di terra e polvere.

Risalito il pendio finalmente cominciano le rocce ed è peggio.

La cresta è irta di spunzoni, sembra un muro coperto di cocci, è tutto uno sfasciume, quando si lascia un appiglio bisogna tastarne almeno quattro per trovarne uno appena solido.

in un punto essa è affilata come un rasoio, mi tengo alla lama cercando sui ripidi lastroni del versante sud qualche asperità dove far presa con i piedi, le piccole sporgenze, uno, due centimetri, sono coperte di fine pietrisco, raddoppio la prudenza e sposto un po' il peso sulle braccia ma un sinistro scricchiolio proviene dal blocco cui sono appeso, meno male che ne sono già fuori.

Ormai ho raggiunto il punto dove la cresta spiana prima dell'antecima, so che dopo quest'ultima un ripido salto senza appigli scende ad uno stretto colletto prima della vetta vera e propria.

Scendo immediatamente sul versante nord, un traverso delicato, forse troppo presto, è tutto una frana, rimango intecchiato e non riesco a trovare buoni appigli nella roccia estremamente friabile.

Con stile vergognoso riesco a ripulire qualche appoggio e raggiungo il limite tra la paretina ed il cocuzzolo terminale, in parte erboso, adesso vedo una bella rampa che aggira l'antecima, forse era quella la strada giusta.

Qui un gruppo di capre ha eletto domicilio, a forza di zampettare hanno ricoperto di polvere ogni cosa e dove non è polvere è cacca, l'odore è acre e pungente, mi tiro su sfruttando le piazzole occupate da queste bestiole invitandole a farmi posto con urli da becero e larghi gesti delle braccia.

Finalmente tranquillo mi accorgo che ora c'è il sole mentre un mare di nebbia nasconde il fondovalle, le cave, le auto.

Le cime della valle spuntano dal candido letto di nubi, nitide brillano nell'azzurro, così vicine che sembra possibile toccarle, si mostrano solo a chi ha avuto fiducia e costanza per salire, una linea ideale segna il confine tra le cime brillanti e la monotonia di tutti i giorni.

Il tempo per una foto con l'autoscatto e via, verso la discesa ripidissima per la cresta Est.

Scendo cercando di individuare le impronte della pista tra il paleo, anche se tra erbe i pendii sono ripidissimi ed è vietato scivolare,ogni tanto affioramenti di rocce scistose risollevano il morale.

Raggiunta la foce del Cavallo attraverso di nuovo lo strato di nubi, mi scapicollo su di un pendio erboso, non si riesce a vedere dove si mettono i piedi, pago un caro tributo alle spine delle carline.

Accaldato e sudato prendo il sentiero che mi riporta indietro inseguito da un nugolo di mosche, alla cava 27 è stato costruito un mega rifugio, è chiuso e non c'è un ricovero od una tettoia, in qualche modo trovo un punto dove le mosche mi lasciano in pace, mangio qualcosa e guardo indietro.

Il cielo è di nuovo grigio e coperto, lo scrigno si è chiuso,le gemme sono nascoste.

[Home] [Cose così] [Diario] [Mangiari di casa] [Home]