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Foresta del Teso

Il taglio del bosco

Foresta del Teso, 09/10/2004

Son diversi anni che ho una predilezione per gli alberi e la vita vegetale in genere, fin dai tempi della malattia quando capii che un aiuto non poteva venire dai miei simili.

Caduti

Tronco di faggio

Rombiciaio

Passo di danza

Gli uomini li osservai parecchio a quel tempo per accorgermi che avrei potuto contare solo sugli affetti, ma essi eran troppo coinvolti e spesso mi toccava fingere per risparmiarli un po'.

Non potevano aiutarmi i malati che si scrutavano a vicenda cercando d'indovinare quanto tempo rimane all'uno e all'altro serbando per sé le poche probabilità di guarigione e non potevano certo aiutarmi i sani che mostravano la loro salute come una bandiera, un vanto, orgogliosi quasi fosse un merito.

E un aiuto non poteva venirmi neanche dai guariti perché non ne conoscevo.

Combattere una malattia è come affrontare una big wall in solitaria, su quelle difficili pareti lotti un giorno dopo l'altro impegnando ogni tipo di risorsa per guadagnare centimetro su  centimetro ed arrivare alla fine esausto, svuotato, ferito ma con in mano il dono più prezioso: la vita, quella vera, quella cosciente di chi ha camminato fianco a fianco con la morte.

In questa lunga ascensione solitaria le piante, i fiori, parvero allora regalarmi pazienti il loro tempo, mi raccontavano, così attaccati come sono a questa terra, quanto bello fosse il mondo ed il sole, la luce e la vita.

Non hanno fronzoli per il capo, badano al sodo, si fanno carico delle loro disgrazie e tirano avanti, un anno dopo l'altro e, se c'è bisogno, anche sul legno più duro, dove mai ti aspetteresti, riescono a spuntare nuove gemme.

Per questo quando sono arrivato al Teso ed ho visto il diradamento del bosco son rimasto male.

 

Parecchi abeti erano stati tagliati lasciando vistose ceppe bianche e tutt'intorno trucioli e segatura, magari eran malati o malfermi, presto le fronde dei sopravvissuti colmeranno i vistosi vuoti e tutto sarà bello come prima, forse anche di più, ma che malinconia per i caduti accatastati poco più in là.

Quando un albero viene abbattuto non ha più segreti, oltre alla vita gli rubiamo anche il pudore così come succede con i malati. Chiunque ne abbia la pazienza può vedere quanti anni ha, seguire anno per anno la sua vita, i periodi ricchi e felici e quelli di vacche magre in cui ha sofferto, è un libro aperto alla mercé dei curiosi.

Più avanti è toccato a dei grossi faggi, il faggio è più tosto e pudico se non capiti presto dopo il taglio riesce a mantenere un minimo di dignità velando con una patina la sua storia che diventa difficile da leggere.

Con  un ultimo sforzo dettato dall'orgoglio riesce a trovare le risorse per proteggere un poco la sua intimità, io pero' che li osservo da tempo non faccio troppa fatica, mi basta osservarne il tronco, anche quando sono vivi.

Nebbia

Foglie in agitazione

Piccoli faggi

A volte il fusto, pur liscio e levigato, mostra impercettibili avvitamenti, come volesse avvolgersi a spirale, forse per la torsione dovuta all'intemperie quando sotto le raffiche si torgono e gemono.

Certi rigonfiamenti invece, simili a colonne, rivelano come alcuni esemplari nati dalla stessa ceppaia si siano uniti a formare un solo tronco ed in quelli abbattuti non è difficile trovarne formati da due, tre alberelli che addirittura, all'interno, conservano ancora uno spazio vitale.

Una crescita asimmetrica ci racconta come il povero albero avesse vicini invadenti o antipatici e voltate le spalle è cresciuto nella direzione opposta.

Mi son disteso al Rombiciaio, una radura con erba bassa e fitta ad un incrocio di sentieri, a guardare il cielo tra le fronde dei grossi faggi, c'era un po' di vento e si agitavano, si muovevano in un senso e nell'altro come fa la gente sbigottita per qualche accadimento e non sa dove andare, affidavano al vento uno scricchiolio che suonava come un avvertimento – Ohh... Ahh... - seguito da un mormorio sommesso, sottovoce,  come si fa, per pudore, quando non si vuol disturbare chi è preso da un dolore.

Più avanti, sul crinale, gli alberelli si fanno più piccoli e contorti, si abbracciano l'un l'altro per difendersi dalle bufere fino a fondersi in baci senza tempo, ne ho visti due che sembravano far l'amore.

Qui la vita è più dura, le passioni più violente e la notizia arriva con il vento, amplificata come quando passa da troppe bocche, le foglie si agitano come per gridare cos'è successo e ci si mette anche la nebbia a bagnare di rugiada i tronchi ed accentuare l'atmosfera di sventura.

Me ne sono andato via presto, in punta di piedi perché non mi andava di gioire, c'era una brutta aria oggi nel bosco.

 

 

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