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Pane & Olio

Cavallo di Azzano

Siamo saliti da Azzano per vecchie selve prive di sentiero, i polloni di castagno mostrano già le prime foglie, ancora plissettate, i fusti che le portano svaniscono sullo sfondo ancora autunnale ed il sole le illumina in controluce, sembrano volare, come una schiusa di farfalle. Poi per brevi radure e praterie fino al crinale, poco a nord della cima.

Questo cavallo in realtà è un cavallino con i suoi mille metri e poco più. Divide la valle del Serra da quella del Giardino. Il crinale si innalza perpendicolare al mare e culmina con una pala buffa, somiglia ad un'onda che gonfia ed al centro si frantuma con uno sbuffo di spuma, cristallizzata chissà come. In direzione nord presenta un paio di quote minori e punta al Picco di Falcovaia, sul colle ai piedi del picco, subito dopo la Foce del Giardino, insiste la cava delle Cervaiole che l'ha tutto scorticato, un moncherino da cui spunta un osso candido.

Cavallo di Azzano

Altissimo e cava Cervaiole

Metato circolare

A destra ed a sinistra appaiono cime più importanti, Corchia, Altissimo ed anche la punta del Sagro mentre altre, ancor più imponenti, stanno nascoste ma le ricordo bene.

Ricordo ancora la prima volta che le ho viste e poi le volte successive, quando la loro mole si faceva via via sempre più ingombrante come a farmi capire che proprio le dovevo salire.

Adesso che quella sete s'è placata le vedo con altri occhi, meno affascinati, è la condanna degli umani che consumano tutto ciò che toccano, che ci fa guardare con maggior interesse al futuro svuotando di significato tutto ciò che è passato, perlomeno finché lo vediamo un futuro.

Ascolto i progetti di questo nuovo compagno e mi chiedo cosa sia che li condiziona.

I sogni e le aspettative sono in minima parte dovute ad osservazione diretta, derivano per lo più da stimoli esterni, da esperienze altrui: chi non ha immaginato di attraversare l'Australia o la Patagonia di Chatwin?

Poi, come per i semi, è il terreno in cui cadono che alcuni ne fa crescere ed altri no, verrebbe voglia di chiedere ma non mi pare bello scavare nella vita di una persona appena conosciuta.

La giornata finisce al bar del paese dove piazze ed insegne ricordano Michelangelo, pare che sia capitato qui in cerca dei suoi marmi, che Dio non gliene accresca pena.

I vecchi del posto giocano la partita con gran vociare, uno di loro si sente maestro del gioco delle carte, batte i pugni brontolando al compagno di turno colpevole di non aver intuito la genialità della sua giocata, è una scena che ho visto tante volte, c'è sempre qualcuno più bravo che avrebbe saputo evitare le sconfitte.

Le montagne intanto fanno capolino tra le nebbie dell'improvviso temporale appena svanito, mi guardano, sembrano capirmi, mi aspettano ed io rinnovo i miei voti: vecchie cime tornerò perché questa splendida natura attende paziente che ogni turbamento mi passi, poi la sua pace mi accoglie e mi rasserena, come fossi un'immagine riflessa in uno stagno che si ricompone dopo una tempesta

 

 

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