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Pane & Olio

Faggio Tarchiato

Sotto la Croce Arcana, verso Cutigliano, sta un vecchio faggio contorto ed un po' tarchiato per le bufere di crinale. Come un maestro che all'aperto fa lezione ha intorno un cerchio d'arboscelli alti non più di un metro, figli suoi forse o di qualche parente.

Per sentire cosa si dicesse mi sono intrufolato, esortava i giovani a non aver paura del buio, come si fa coi ragazzini.

Ai piccolini diceva: - Non abbiate paura, non tremate alla sera quando fa scuro, fatevi un bel sonno che tanto non dura. Il sole non è scappato, è andato a far luce da un'altra parte, lo fa da sempre ma poi torna. Dopo ogni notte c'è un nuovo giorno, è così sicuro che gli uomini ci hanno fatto un calendario. -

Ed ancora: - Non abbiate paura, non tremate quando d'inverno la neve vi ricopre, fatevi un bel sonno che tanto non dura. Dopo ogni inverno c'è una primavera, è così da sempre, è così sicuro che gli uomini ci hanno fatto un calendario.-

Guardandomi di sottecchi da sotto un ramo ha continuato:

 - Non son queste le paure, io temo ben altro.

Ricordo che ero un giovane fuscello e già mi lamentavo con Madre Natura di questa landa scomoda quando, un giorno, mi capitò un fatto di quelli che ti cambiano la vita e te li ricordi per sempre. Uno di quei fatti che nella vita dei semplici spesso fa da sigillo.

La falce mi prese di sbieco, con la punta affilata, quasi mi recise, un taglio perfetto, sarebbe bastato poter tenere insieme i lembi della ferita che sarei guarito.

Il secondo colpo mi centrò in pieno ma sul filo della lama ci doveva essere una tacca, non mi tagliò ma quasi mi spezzò lasciando una ferita tutta sbrindellata.

Mani amorevoli mi rimisero insieme, mi fasciarono e mi legarono ad un tutore.

Col tempo quel taglio s'è richiuso anche se con vistose protuberanze. Son diventato un albero come gli altri, un po' più brutto, e vivo ai margini del bosco, in disparte com'è mia natura.

Mi è rimasta però una paura, non della falce che ormai può farmi poco ma temo l'accetta ... e la sega; non è per il dolore che in un modo o l'altro si può sopportare ma assistere alla mia fine, so che ne avrei coscienza e non lo potrei tollerare.

Quando sarà il momento per me spero nel fulmine, nella saetta che in un attimo mi bruci o anche nella tempesta, che mi spezzi, lì dove il legno è più duro, dove non dormono più gemme ma orride escrescenze.-

Fagus T.

 

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